Cronaca del Disastro
22 settembre
Al termine di alcune settimane caratterizzate da bel tempo cadono le prime piogge.
23 settembre
Le precipitazioni si fanno intense e continue.
24 settembre
Piove e si susseguono temporali. Il fiume Maggia lambisce la campagna antistante il paese. I riali e i ruscelli che scendono dalla montagna sono gonfi d’acqua e detriti. Verso le 17 su Someo si scatena un nubifragio. Sul lato est del villaggio e a circa 1000 metri di quota, si stacca la prima frana che convoglia a valle terriccio, fango, ghiaia e una enorme quantità d’acqua preceduta da un forte spostamento d’aria. La popolazione spaventata cerca disperatamente rifugio nelle case ritenute più sicure. Nel frattempo il deflusso del Rì Grand, che scorre al centro del villaggio, si è arrestato. A monte del villaggio, a circa 700 metri di quota, si è formato uno sbarramento artificiale provocato da due distinte frane staccatesi in zona Pian di Nadro, 500 metri più in alto. Quando la piccola diga cede, dai fianchi della montagna si stacca anche una larga falda di roccia che precipita a valle. Una grande massa d’acqua frammista a macigni di grosse dimensioni, pietrame minuto, fango e alberi si abbatte sul centro del villaggio creando un cono di deiezione largo, al margine inferiore, circa 200 metri. Il boato è assordante. Lo spostamento d’aria e gli scoscendimenti devastanti. Alcuni edifici vengono rasi al suolo. Altri sono gravemente lesionati. La strada è completamente ostruita; in alcuni punti l’ammasso di pietrame supera i 3-4 metri di altezza. Alcuni macigni raggiungono un volume di 60 metri cubi. Le rotaie della ferrovia valmaggese sono divelte, piegate e trascinate a valle per circa 200 metri. Luce elettrica e telefono sono interrotti. Someo, mentre la pioggia continua a cadere, è isolata. Lo spettro di nuovi scoscendimenti incombe. I sopravvissuti, alla flebile luce delle lanterne a olio, si fanno largo fra le macerie all’angosciosa ricerca di chi manca all’appello.
25 settembre
“Causa scoscendimento, paese di Someo in parte sepolto. Vi sono morti e feriti. È una scena straziante di dolore. Far proseguire ordini per Bellinzona. Mandare aiuti. Il Sindaco: Bonetti”. È questo il testo del laconico e nel contempo drammatico telegramma che giunge di mattina sul tavolo del Consiglio di Stato a Bellinzona. La risposta è immediata. Dalla Capitale partono pompieri e militi della Croce Verde. Da Locarno si mettono in strada altri pompieri oltre ai medici, agli assistenti e agli infermieri dell’ospedale “la Carità”. Gli operai di un paio di ditte di costruzione, attive in quei giorni in Vallemaggia, vengono immediatamente inviati a Someo dove danno avvio alla disperata ricerca dei dispersi. Altri tecnici lavorano alla linea telefonica (che riprenderà a funzionare già in serata) ed elettrica. Numerose anche le persone che si mettono in viaggio per dare una mano. L’accesso veicolare a Someo non è possibile. La strada è interrotta a partire da Lodano. In giornata, a piedi, raggiungono Someo due consiglieri di Stato e alcuni alti funzionari nonché il Vescovo di Lugano Mons. Bacciarini. Con i loro occhi assistono al pietoso lavoro dei soccorritori che riesumano i primi morti e assistono i feriti in una improvvisata infermeria da campo. Al termine della giornata il numero dei morti e dei dispersi si ferma a otto. I feriti sono numerosi. I più gravi saranno trasportati all’ospedale di Locarno; altri al ricovero don Guanella di Maggia. Due moriranno a seguito delle ferite riportate.
26 settembre
La ricerca delle persone scomparse continua così come i lavori di sgombero. In serata arriva a Someo una Compagnia di zappatori dell’esercito svizzero. I giornali, tramite i loro corrispondenti inviati sul posto, seguono con molta partecipazione e ricchezza di dettagli quello che ormai già viene definito il “Disastro di Someo”.
27 settembre
Sulla desolata Someo, dopo alcuni giorni di relativa tregua, riprende a piovere. I soccorsi continuano ad affluire mescolandosi a una fiumana di curiosi. Agli zappatori si aggiunge, sempre dell’esercito svizzero, una compagnia del Genio. I lavori di sgombero sono affidati all’Ufficio tecnico cantonale. La ricerca delle vittime continua fra grandi difficoltà. La strada viene riaperta.
29 settembre
Alla presenza di una folla enorme (i giornali parlano di migliaia di persone), nella chiesa parrocchiale di Someo, si svolgono i funerali di sei delle otto vittime (due salme non sono ancora state recuperate). Il momento è solenne. La folla si accalca attorno alle sei bare sistemate nel coro. La quarta Compagnia zappatori, in alta uniforme, rende gli onori ai defunti. Terminata la funzione, presieduta dal Vescovo Bacciarini attorniato da una quarantina di prelati, la folla silenziosa si sposta nel cimitero dove vengono pronunciati numerosi discorsi. Infine, una dopo l’altra, le bare vengono calate nella nuda terra. Sono le 13. È tutto finito. Nel cielo splende il sole.
Il fenomeno meteorologico
È difficile precisare al meglio un evento meteorologico avvenuto 100 anni fa basandosi unicamente sui pochi dati statistici a disposizione e sulle cronache del tempo. È comunque assodato che le piogge, in tutto il Ticino, si fecero più insistenti e consistenti a partire dal 23 settembre. In particolare, il maltempo colpì una fascia compresa fra il medio-basso Lago Maggiore e Faido. Paricolarmente intense furono le precipitazioni sulla Vallemaggia, le Centovalli e l’Onsernone, valle in cui si registrarono gravissimi danni. A Mosogno, in due giorni (23-24 settembre), caddero 612 mm di pioggia.
Non si hanno indicazioni precise su Someo. Sulla base di uno studio sulla frana [1] e di diagrammi elaborati negli anni Settanta del secolo scorso riferiti alle registrazioni effettuate presso le stazioni pluviometriche di Cevio e di Mosogno, si stima che su Someo, fra il 23 e il 24 settembre, siano verosimilmente caduti 250 mm di acqua, con punte più significative il giorno 23.
L’evento meteorologico che ha determinato il Disastro sembra quindi essere il risultato della drammatica concatenazione di più fattori. Fra questi, il tempo di durata della fase più attiva della pioggia (coincisa con il tardo pomeriggio del 24 settembre su un terreno già saturo d’acqua e protrattasi – si suppone stando alle testimonianze dei sopravvissuti – una quindicina di minuti), l’andamento dello scorrimento delle acque superficiali e la morfologia del territorio: ampiezza dei bacini imbriferi, slittamento dei terreni, conformazione e copertura arborea del terreno, pendenza dei versanti e, in parte, disboscamento).
[1] Pro Vallemaggia 1975 – Alessandro Rima, La frana di Someo, pp. 137-153.